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Via dei Schener

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Sull’antica via tra Primiero e Feltrino

Serata di Matteo Melchiorre

Ecco il podcast di Voci dalle Dolomiti andato in onda martedì 11 ottobre a Radio Cooperativa: conversazione con lo storico feltrino Matteo Melchiorre, che parla del libro «La via di Schenèr» nel quale presenta in brillante forma narrativa l’esito delle sue minuziose ricerche d’archivio sulle vicende dell’antica mulattiera che per secoli fu l’unica via di comunicazione tra il Primiero e il Bellunese. Una via che passava in quota, dall’ultima frazione di Sovramonte (Bettola) verso nord, attraverso il confine fra l’Impero e la Serenissima. Una infida mulattiera strapiombante sulla gola dello Schenèr all’epoca sommersa dall’acqua (qui solo a fine Ottocento fu aperta la strada di fondovalle nel tracciato attuale). Un viaggio nella storia, con le suggestioni di vari segni del tempo, come i resti del castello di frontiera, e con la possibilità concreta di esplorare questi luoghi facendo un’affascinante passeggiata.

Un libro frutto di una lunga ricerca storica sull tracce dell’antica via che collegava il Primiero al Bellunese, passando per il confine fra impero Asburgico e repubblica Serenissima.

Un percorso affascinante che ancora oggi si può in buona parte affrontare a piedi, passando anche per le vestigia dell’antico castello che segnava la frontiera.

L’autore è lo studioso feltrino Matteo Melchiorre, ricercatore universitario allo Iuav di Venezia, il volumesi intitola «La via dello Schenèr» (edito da Marsilio, 239 pagine, 16.50 euro).

Il libro, frutto di una minuziosa ricerca archivistica, è narrato in prima persona e accompagna illettore nelle scoperte storiche lungo quella che per secoli, fino al 1882, fu – principalmente per ragioni geopolitiche – la sola via di comunicazione per il Primiero: una infida mulattiera strapiombante sulla gola dello Schenèr invasa dall’acqua (solo a fine Ottocento fu aperta la strada di fondovalle).

 

LA STORIA

Storie di contrabbandieri abbarbicati in qualche anfratto, di vescovi esausti dopo il cammino pastorale a un passo dallo strapiombo vertiginoso, di un castello tenebroso che da uno sperone roccioso controlla il confine. Siamo nella gola dello Schener, tra il Primiero e il Feltrino: accompagnati dallo storico Matteo Melchiorre percorriamo una mulattiera nel bosco, presso la contrada Bettola di Zorzoi (comune di Sovramonte).

Una stradina, oggi; soltanto uno stretto sentiero in passato: per molti secoli questa era l’unica via di comunicazione tra le due vallate. Un passaggio arduo e pericoloso, d’inverno pressoché impraticabile, lungo il quale si contarono molte vittime, precipitate giù, nell’aspra forra del torrente Cismon: esseri umani e asini, l’unico ausilio di trasporto utilizzabile.

Eppure, nonostante il disagio e il rischio, su quel percorso primierotti e feltrini, notabili e popolani, camminavano avanti e indietro in continuazione, prima e dopo che fosse sciolta la loro unità politica.
La valle ai piedi delle Pale di San Martino, infatti, abitata fin dalla preistoria, nel corso del Medioevo finì sotto il controllo del vecovo conte di Feltre il cui territorio all’epoca raggiunse estensioni tali da comprendere anche il Tesino e la Valsugana (fino a Pergine). Il Primiero, cui nel 1273 Feltre riconobbe una certa autonomia (gli «Statuti») che si articolava mediante le regole di Imèr, Mezzano, Tonadico, Transacqua, in un consiglio di cui era membro anche il capitano del Castel Pietra, cioè un ufficiale vescovile.

Il divorzio fra le due vallate avvenne nel 1349 per opera di Carlo IV di Lussemburgo, 14 anni dopo ci fu il definitivo passaggio nell’orbita austriaca, con gli Asburgo e infine nel 1401, quando al feudatario parmigiano Bonifacio Lupi subentrò la famiglia pusterese Welsperg, dominatrice del Primiero per oltre quattro secoli. Un lungo arco di tempo nel quale la via di comunicazione verso il versante bellunese e poi la pianura veneta era sempre la stretta e infida via dello Schener, che tale doveva rimanere per ragioni «geopolitiche» di confine. Non si poteva agevolare il transito a potenziali armate di conquista e i mercanti che protestavano dovevano farsene una ragione.

Ma anche sotto bandiere diverse, le due aree continuarono a dialogare, tra commerci, matrimoni, mutualismo, litigi e… battaglie. Da un lato, il Primiero a guida tirolese che vede espandersi il suo profilo economico sospinto dalle miniere (gelosamente custodite dall’Impero che vi trasferì migliaia di lavoratori) e dal legname che si vendeva a Venezia dove arrivava attraverso il Cismon e il Brenta.

L’andirivieni ai piedi del castello si intensificava: in equilibrio precario sui sassi, si trasportava un po’ di tutto, dalle botti di vino al mobilio. E l’ufficio del dazio, nella locanda di Bettola, aveva un gran daffare; così come, data la posizione sperduta, la Repubblica di Venezia doveva faticare sempre parecchio per trovare un castellano ben disposto a presidiare lo spettrale maniero di frontiera allo Schener, del quale oggi sono visibili pochi resti.

L’INTERVISTA

Il fascino misterioso del castello dello Schener ha sedotto Matteo Melchiorre, giovane storico bellunese che ha svolto una ricerca sull’antico collegamento tra Feltrino e Primiero, l’unico esistente fino all’Ottocento. «Sono luoghi senza tempo, che custodiscono vicende umane straordinarie, in un’atmosfera da romanzo fantasy, via via sempre più cupa avanzando nella gola. A un certo punto si incontrano, prima, una discesa su gradoni intagliati nella roccia e poi la Scala Storta, nel punto in cui l’antica via cala verso Pontet: impossibile non pensare alla Scala Tortuosa del Signore degli anelli…».

Ma è la narrazione di fatti realmente accaduti.

«Nel corso della mia ricerca, promossa dal Museo storico di Trento e dalla Rete della memoria del Primiero, ho consultato numerose fonti e ne è uscito un diario fitto di racconti, immagini, emozioni. I secoli di questa via dicono innanzitutto di quanto le popolazioni delle due vallate fossero legate, nella realtà concreta della vita quotidiana. Un aspetto, peraltro, che – come noto – si proietta fino ai nostri giorni. I contatti erano tali che a un certo punto si decise di allargare quel sentiero pericoloso, andando così contro le disposizioni delle autorità veneziane e austriache per le quali una via stretta era sinonimo di difesa. La vicenda emerge nei verbali di un processo veneziano tenutosi nel 1634: l’accusa riguardava i lavori abusivi di ampliamento della via che furono affidati da alcuni mercanti all’impresario agordino Lazzaro Zanettin. La sentenza dispose la distruzione dell’intervento, mentre sull’altro lato del confine si evitò la scure del giudice e tuttora resta visibile l’allargamento del sentiero».

Che attraversava la frontiera e le mura del castello veneziano di cui rimangono parecchie tracce…

«Certo, siamo sopra uno sperone, davanti a un precipizio sull’alveo del torrente Cismon e proprio di fronte, sul versante opposto della valle, di una torre di guardia tirolese. In questo punto della via il viandante doveva passare per forza, a meno di non fare i più rischiosi e scoscesi percorsi dei contrabbandieri, evocati in molte carte ufficiali come una delle piaghe da debellare. La costruzione del maniero è indicata in un documento certo d’archivio nel 1493; altre fonti, nella storiografia municipale, anticipano la data alla fine del ?300 attribuendone la realizzazione non al doge ma a Francesco da Carrara, all’epoca signore di Feltre e Belluno.
Un’incisione ottocentesca illustra un castello – che per i funzionari della Serenissima era una sede di lavoro scomodissima e senz’altro da evitare -composto da due elementi: un bastione in basso, sul precipizio; la torre e le altre strutture. Oggi c’è la speranza che tutta questa storia venga valorizzata».

COME ARRIVARE

L’antica via del Castello dello Schener si raggiunge salendo alla frazione di Zorzoi di Sovramonte, nel Parco nazionale delle Dolomiti bellunesi. Dalle ultime case della località Bettola si imbocca una mulattiera che prosegue verso la gola dello Schener: il nome evoca il trasporto sulla schiena (di uomini e asini) di merci e legname che avveniva su questo sentiero e nei dintorni.

In una ventina di minuti si raggiunge lo sperone sul quale sono visibili i pochi resti del maniero veneziano, che segnava il confine con l’area che dall’inizio del 1400 era sotto il controllo tirolese. In realtà, questa zona, morfologicamente aspra, di fatto era una specie di terra di nessuno, dove spesso i conti si regolavano alle spicce, come spiega lo storico feltrino Matteo Melchiorre.

Oltre le vestigia del castello, anche oggi il percorso diventa sempre più esposto e circa un chilometro più avanti è franato. È in questo tratto che si trovano anche i segni di un antico tempietto votivo, probabilmente nel punto più pericoloso di un sentiero che nei secoli ha fatto molte vittime. Nelle sue ricerche, svolte su incarico del Museo storico del Trentino e della Rete della memoria del Primiero, Melchiorre ha trovato menzione anche di una fornace di calce usata dalla gente di Zorzoi: un sopralluogo ha consentito di confermare l’inedita scoperta.

La via dello Schener è ricordata spesso dal primierotto Angelo Michele Negrelli (1764-1851), padre del noto ingegnere Luigi, nelle sue «Memorie» (ripubblicate nel 2010 da Agorà editrice di Feltre, a cura di Ugo Pistoia, prologo di Gigi Corazzol, pp. XCIII-915, 35 euro). Anche il noto alpinista e viaggiatore britannico John Ball menziona nei suoi diari la pericolosità di quel sentiero.

Lo storico Matteo Melchiorre ha al suo attivo anche i libri «Requiem per un albero. Resoconto dal Nord Est» (Spartaco, 2004) e «La banda della superstrada Fenadora-Anzù (con vaneggiamenti sovversivi)» (Laterza, 2011).

Licenza Creative Commons

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Cacciatore della Val Rosna

Sepoltura cacciatore Val RosnaIl Cacciatore della Val Rosna è un reperto archeologico preistorico, costituito dal ritrovamento di una sepoltura di un uomo di epoca paleolitica con il suo corredo funerario.Sepoltura cacciatore Val Rosna
Il Cacciatore della Val Rosna ricerca Scuola Secondaria di Sovramonte
I ragazzi della Scuola Secondaria di Sovramonte hanno voluto conoscere la storia del Cacciatore della Val Rosna.
È nato così un affascinante viaggio nella storia di 14 mila anni fa, immaginando la vita di un cacciatore del Paleolitico.
Il lavoro di ricerca si è sviluppato nell’anno scolastico 2018-19 ed è nato come attività pluridisciplinare per la valorizzazione del territorio. Sono stati impegnati nella realizzazione del progetto tutti gli alunni della Scuola Secondaria, ovvero la pluriclasse 1^ e 2^ media.
Ingredienti fondamentali sono stati la sinergia tra scuola, istituzioni e territorio e il valore che ha in sé la pluriclasse: i piccoli numeri, l’attenzione per ciascuno e l’interesse per il luogo in cui si vive hanno permesso la realizzazione del lavoro.

Per scaricare le slide in Pdf clicca QUI

Ritrovamento
Il reperto fu ritrovato lungo il fianco sinistro della Val Schenèr, quella valle che collega Fonzaso al Primiero, tra le due gallerie lungo la strada che porta a Fiera di Primiero, nel territorio del comune di Sovramonte (Belluno). Il corpo fu scoperto trent'anni fa, nel maggio 1987, durante i lavori di rettifica del tracciato stradale preesistente, da Aldo Villabruna, che notò un accumulo a forma di cono di materiali detritici. I lavori di estrazione del corpo cominciarono solo nel 1988 e furono affidati a un gruppo di ricercatori dell’università di Ferrara, guidati dal professore Alberto Broglio, con la collaborazione degli “Amici del Museo” di Belluno. Il reperto è tutt'ora conservato all'università di Ferrara, a disposizione degli studiosi che lo stanno ancora esaminando, mentre il corredo funerario, con le pietre dipinte poste a segnare la sepoltura, è conservato presso il Museo Archeologico dei Musei Civici di Belluno.

Datazione
Grazie alla prova del Carbonio 14 è stato possibile calcolare il tempo trascorso dalla morte del cacciatore ad oggi: la datazione risale a 14 mila anni fa, al periodo del Paleolitico Superiore; prima del completamento del processo di calibrazione il cacciatore era stato datato a 12 mila anni fa.

Corredo funebre cacciatore Val RosnaLe armi di selce
Le armi fabbricate dai cacciatori preistorici erano fatte con le materie prime disponibili in natura, principalmente pietra e legno. Veniva utilizzata la selce, raccolta direttamente dalla roccia oppure trovata a terra. Nelle zone frequentate dal cacciatore della Val Rosna, la selce era facilmente reperibile sul Monte Avena: qui le pietre venivano lavorate e scheggiate. Il passaggio dell’uomo preistorico sul monte Avena è stato dimostrato da diverse campagne di scavo, l’ultima delle quali condotta nell'estate 2016 dal professor Marco Peresani dell’Università di Ferrara: è stata ritrovata una cava di pietra e moltissimi resti di lavorazione

Il "pronto soccorso" del cacciatoreCranio del Cacciatore della Val Rosna
Tra gli oggetti che compongono il corredo della sepoltura dell’uomo della Val Rosna è stato ritrovato un grumo delle dimensioni di una pallina da tennis: questo reperto è costituito da un mix di resina di pino silvestre e mugo e cera d'api. Questa mistura aveva uno scopo curativo: per certi aspetti risulta simile al propoli, che ha un’azione antimicrobica. Il cacciatore aveva dunque con sé una sorta di pronto soccorso da usare in caso di bisogno. Riguardo al grumo è stata avanzata anche un’altra ipotesi: poteva essere usato anche come collante per legare le punte di selce al legno.

Cranio del Cacciatore della Val RosnaLa più antica cura dentale
Pare che il cacciatore della Val Rosna sia il primo uomo noto nella storia ad essersi sottoposto a una cura dentale, a causa di una carie. Questa ipotesi è stata recentemente avanzata dagli archeologi dell’università di Ferrara, che hanno compiuto uno studio sulla dentatura del cacciatore. Il ''trattamento'' avvenne attraverso l'uso di un bastoncino d'osso, che permise la pulizia del foro; questo si allargò e si ipotizza che per la sua chiusura sia stata utilizzata cera d’api o propoli.

Il corredo funerario
Il corredo funebre è composto da sei oggetti, probabilmente contenuti in un piccolo sacco di pelle e posti lungo il braccio sinistro: una punta d’osso decorata con delle tacche, una lama, un nucleo di selce, un coltello a dorso, un ciottolo di calcare da usare come percussore e un grumo di resina.
Sono poi stati ritrovati degli oggetti ornamentali, ovvero delle conchiglie marine e dei denti di cervoforati.

Corredo funebre cacciatore Val RosnaLe pietre dipinteCorredo funebre cacciatore Val Rosna
A copertura della sepoltura furono posti dei grossi ciottoli di fiume presi dal vicino torrente Cismon, alcuni dei quali presentavano una particolare colorazione in ocra. Dopo il restauro, su cinque di essi è stato possibile vedere delle decorazioni di tipo schematico, con delle figure ridotte a pochi tratti essenziali:

una pietra a forma di parallelepipedo è risultata decorata in ocra su tutte le sei facce;
un’altra raffigura una decorazione antropomorfa (forse una figura umana stilizzata);
un ciottolo colorato in ocra presenta al centro un ovale non dipinto, all'interno del quale sono disegnate delle figure che ricordano delle corna di cervo;
un’altra pietra riporta delle decorazioni che ricordano delle piante erbacee;
il quinto ciottolo è decorato con una banda centrale dalla quale partono 12 linee spezzate, che sembrano tante braccia.

Anche la parete del riparo è stata dipinta: è stata rinvenuta una decorazione lunga quasi 4 metri sulla parete di roccia, circa 1 metro sopra la sepoltura. Si tratta di una sequenza di sei bande verticali dipinte con ocra rossa che formano una specie di cornice.

Il progetto di valorizzazioneMuseo Muvar
È stato approvato il progetto esecutivo per l’allestimento del MUVAR, il Museo dell’uomo della Val Rosna, che troverà collocazione all'interno della scuola primaria-secondaria di Sovramonte. Nel luogo in cui è stato rinvenuto il cacciatore, sulla strada che congiunge Fonzaso con Fiera di Primiero, verrà realizzato un punto informativo e di osservazione: un cannocchiale - infoscopio permetterà di vedere meglio il luogo del ritrovamento e dei pannelli informativi rimanderanno al museo di Sovramonte. Il sito resterà inaccessibile, in quanto il versante della montagna è a rischio di caduta sassi.Museo Muvar 1

 

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I ragazzi della Scuola Secondaria di Sovramonte hanno voluto conoscere la storia del Cacciatore della Val Rosna.
È nato così un affascinante viaggio nella storia di 14 mila anni fa, immaginando la vita di un cacciatore del Paleolitico.
Il lavoro di ricerca si è sviluppato nell’anno scolastico 2018-19 ed è nato come attività pluridisciplinare per la valorizzazione del territorio. Sono stati impegnati nella realizzazione del progetto tutti gli alunni della Scuola Secondaria, ovvero la pluriclasse 1^ e 2^ media.
Ingredienti fondamentali sono stati la sinergia tra scuola, istituzioni e territorio e il valore che ha in sé la pluriclasse: i piccoli numeri, l’attenzione per ciascuno e l’interesse per il luogo in cui si vive hanno permesso la realizzazione del lavoro.

Per scaricare le slide in Pdf clicca QUI

Ritrovamento
Il reperto fu ritrovato lungo il fianco sinistro della Val Schenèr, quella valle che collega Fonzaso al Primiero, tra le due gallerie lungo la strada che porta a Fiera di Primiero, nel territorio del comune di Sovramonte (Belluno). Il corpo fu scoperto trent'anni fa, nel maggio 1987, durante i lavori di rettifica del tracciato stradale preesistente, da Aldo Villabruna, che notò un accumulo a forma di cono di materiali detritici. I lavori di estrazione del corpo cominciarono solo nel 1988 e furono affidati a un gruppo di ricercatori dell’università di Ferrara, guidati dal professore Alberto Broglio, con la collaborazione degli “Amici del Museo” di Belluno. Il reperto è tutt'ora conservato all'università di Ferrara, a disposizione degli studiosi che lo stanno ancora esaminando, mentre il corredo funerario, con le pietre dipinte poste a segnare la sepoltura, è conservato presso il Museo Archeologico dei Musei Civici di Belluno.

Datazione
Grazie alla prova del Carbonio 14 è stato possibile calcolare il tempo trascorso dalla morte del cacciatore ad oggi: la datazione risale a 14 mila anni fa, al periodo del Paleolitico Superiore; prima del completamento del processo di calibrazione il cacciatore era stato datato a 12 mila anni fa.

Corredo funebre cacciatore Val RosnaLe armi di selce
Le armi fabbricate dai cacciatori preistorici erano fatte con le materie prime disponibili in natura, principalmente pietra e legno. Veniva utilizzata la selce, raccolta direttamente dalla roccia oppure trovata a terra. Nelle zone frequentate dal cacciatore della Val Rosna, la selce era facilmente reperibile sul Monte Avena: qui le pietre venivano lavorate e scheggiate. Il passaggio dell’uomo preistorico sul monte Avena è stato dimostrato da diverse campagne di scavo, l’ultima delle quali condotta nell'estate 2016 dal professor Marco Peresani dell’Università di Ferrara: è stata ritrovata una cava di pietra e moltissimi resti di lavorazione

Il "pronto soccorso" del cacciatore
Tra gli oggetti che compongono il corredo della sepoltura dell’uomo della Val Rosna è stato ritrovato un grumo delle dimensioni di una pallina da tennis: questo reperto è costituito da un mix di resina di pino silvestre e mugo e cera d'api. Questa mistura aveva uno scopo curativo: per certi aspetti risulta simile al propoli, che ha un’azione antimicrobica. Il cacciatore aveva dunque con sé una sorta di pronto soccorso da usare in caso di bisogno. Riguardo al grumo è stata avanzata anche un’altra ipotesi: poteva essere usato anche come collante per legare le punte di selce al legno.

Cranio del Cacciatore della Val RosnaLa più antica cura dentale
Pare che il cacciatore della Val Rosna sia il primo uomo noto nella storia ad essersi sottoposto a una cura dentale, a causa di una carie. Questa ipotesi è stata recentemente avanzata dagli archeologi dell’università di Ferrara, che hanno compiuto uno studio sulla dentatura del cacciatore. Il ''trattamento'' avvenne attraverso l'uso di un bastoncino d'osso, che permise la pulizia del foro; questo si allargò e si ipotizza che per la sua chiusura sia stata utilizzata cera d’api o propoli.

Il corredo funerario
Il corredo funebre è composto da sei oggetti, probabilmente contenuti in un piccolo sacco di pelle e posti lungo il braccio sinistro: una punta d’osso decorata con delle tacche, una lama, un nucleo di selce, un coltello a dorso, un ciottolo di calcare da usare come percussore e un grumo di resina.
Sono poi stati ritrovati degli oggetti ornamentali, ovvero delle conchiglie marine e dei denti di cervoforati.

Corredo funebre cacciatore Val RosnaLe pietre dipinte
A copertura della sepoltura furono posti dei grossi ciottoli di fiume presi dal vicino torrente Cismon, alcuni dei quali presentavano una particolare colorazione in ocra. Dopo il restauro, su cinque di essi è stato possibile vedere delle decorazioni di tipo schematico, con delle figure ridotte a pochi tratti essenziali:

una pietra a forma di parallelepipedo è risultata decorata in ocra su tutte le sei facce;
un’altra raffigura una decorazione antropomorfa (forse una figura umana stilizzata);
un ciottolo colorato in ocra presenta al centro un ovale non dipinto, all'interno del quale sono disegnate delle figure che ricordano delle corna di cervo;
un’altra pietra riporta delle decorazioni che ricordano delle piante erbacee;
il quinto ciottolo è decorato con una banda centrale dalla quale partono 12 linee spezzate, che sembrano tante braccia.

Anche la parete del riparo è stata dipinta: è stata rinvenuta una decorazione lunga quasi 4 metri sulla parete di roccia, circa 1 metro sopra la sepoltura. Si tratta di una sequenza di sei bande verticali dipinte con ocra rossa che formano una specie di cornice.

Il progetto di valorizzazione
È stato approvato il progetto esecutivo per l’allestimento del MUVAR, il Museo dell’uomo della Val Rosna, che troverà collocazione all'interno della scuola primaria-secondaria di Sovramonte. Nel luogo in cui è stato rinvenuto il cacciatore, sulla strada che congiunge Fonzaso con Fiera di Primiero, verrà realizzato un punto informativo e di osservazione: un cannocchiale - infoscopio permetterà di vedere meglio il luogo del ritrovamento e dei pannelli informativi rimanderanno al museo di Sovramonte. Il sito resterà inaccessibile, in quanto il versante della montagna è a rischio di caduta sassi.

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